Palmieri, un commento su questa prima fase di campagna elettorale. Quali impressioni sta raccogliendo in giro per l'Irpinia?
«Sto
riscontrando una duplice impressione. Da un lato prevale una certa
rassegnazione nell'opinione pubblica rispetto alla quotidianità e molta
delusione frutto di una cattiva politica di questi ultimi cinque anni.
Molti non vogliono andare a votare. Rispetto alla mia persona e alla
nostra proposta politica invece vedo entusiasmo e interesse, ho una
buona sensazione soprattutto quando riesco a parlare direttamente con le
persone. Ma al di là del riscontro personale, la prima battaglia da
vincere è quella contro l'astensionismo».
In questa campagna
elettorale si fa un gran parlare di sviluppo e tutela dell'ambiente, due
concetti che in passato troppo spesso sono stati in antitesi tra di
loro. Cosa è cambiato?
«Bisogna innanzitutto capire cosa si
intende per sviluppo, non necessariamente quello economico deve produrre
impatti ambientali nocivi. Penso a quanto accaduto nella Valle del
Sabato e a quello che potrebbe accadere con le ricerche di idrocarburi
in Alta Irpinia. Non possiamo sacrificare sull'altare del benessere
economico principi fondamentali come la salute pubblica. Immaginiamo per
l'Irpinia uno sviluppo sostenibile partendo dalla valutazione corretta
delle cose che funzionano, come l'agricoltura di qualità che ha
consentito il successo di prodotti come vino e castagne, nonostante il
tormento a cui il settore è sottoposto da tempo e a cui la politica per
cinque anni non ha dato risposte. Le eccellenze locali hanno consentito
il successo di tante realtà che si occupano di trasformazione, penso
alla Ferrero per i noccioleti, alla Zuegg che ora ha deciso di investire
direttamente anche nella produzione in loco, a Pasta Baronia dove con
un'idea semplice che coinvolge i contadini del posto senza lucrare sul
prezzo del grano, si è realizzata una linea di prodotto alta qualità
capace di intercettare il mercato internazionale. Ci sono poi realtà
importantissime, in altri campi, come Acca Software, Ema, Altergon. La
nostra produttiva però da sola ancora non riesce ad assorbire manodopera
sul territorio e garantire benessere per questo bisogna attrarre nuovi
investitori, attraverso progetti che insieme a Confindustria e
Invitalia, stiamo portando avanti con l'onorevole Famiglietti per
valorizzare l'esistente, favorire l'impresa con sgravi ed incentivi e
utilizzando i fondi della Bei».
Però sull'economia delle eccellenze incombe la minaccia delle perforazioni petrolifere.
«Da
sindaco di Montemarano e da esponente del Pd sono stato da sempre
contrario ai progetti di estrazione del petrolio. Posso comprendere il
ragionamento che si fa a livello nazionale, quello di sfruttare le
risorse in casa nostra visto che l'Italia dipende totalmente dall'estero
per l'importazione del petrolio. Ma il limite di un ragionamento che
vale in assoluto, è rappresentato dalla sua contestualizzazione, in
Irpinia sarebbe incomprensibile. Siamo una zona sismica, abbiamo i
bacini imbriferi più importanti d'Europa, viviamo grazie alle produzioni
di qualità, il gioco insomma non varrebbe la candela. Sarebbe
abbastanza comprensibile se ci fosse maggiore dialogo tra i livelli
istituzionali».
Venendo alle vicende interne al suo partito,
il Pd, il risultato elettorale potrebbe generare un rinnovamento del
gruppo dirigente provinciale?
«Credo che nella vita esistono
momenti diversi, quello della proposta, della discussione anche dello
scontro, poi arriva quello della decisione e della sintesi, perché non
sempre si può rinviare. Il momento attuale però è quello del lavoro, che
ci vede impegnati a fare il possibile per vincere le elezioni. Non mi
piacciono le rese dei conti. L'approccio di un partito serio, quale è il
Pd, è quello dell'analisi del risultato che inevitabilmente dovrà
esserci e articolarsi in un confronto franco. E a differenza di altri
partiti di cui non si sa ai nulla, lo faremo come sempre a porte aperte,
in modo trasparente e democratico».
Per chi come Lei, e
tutto il suo gruppo, ha sempre detto no ad un'alleanza con De Mita, è
imbarazzante ora affrontare un campagna elettorale che vi vede nella
stessa coalizione?
«Si, lo è. Veniamo considerati
corresponsabili di un accordo che in realtà abbiamo subito. L'opinione
pubblica fa giustamente difficoltà comprendere come mai l'Udc, fino a
ieri gravitava nel centrodestra e poi,senza un percorso politico
graduale e trasparente, si ritrova nel centrosinistra. Un grosso punto
interrogativo che le persone pongono a noi che, come tutti, non ne
comprendiamo la genesi. Adesso però è superfluo sprecare energie a porci
domande che dovranno essere affrontare certamente ma in un fase
successiva. Ora dobbiamo concentrarci a prendere più voti del centro
destra».
In caso di vittoria del centrosinistra, chiederete a De Luca un assessore irpino in giunta?
«Innanzitutto
bisogna porsi un quesito, stiamo meglio o peggio di cinque anni fa?
L'Irpinia sta oggettivamente peggio, questo deve dissipare ogni dubbio
sul chi votare. La provincia di Avellino però non ha avuto una
rappresentanza residuale in Regione, gli irpini hanno ricoperto ruoli
molto importanti. Un criterio potrebbe essere quello di dare una
rappresentanza ad ogni provincia, potrebbe essere questo un buon
principio da sottoporre all'attenzione del presidente a cui poi spetterà
la decisione. Ma prescindere dal ruolo che gli eletti andranno a
ricoprire, se si vuole fare bene la politica bisogna essere
profondamente innamorati della realtà da cui si proviene. Sono convinto
che nuove energie e volti nuovi potranno dare maggiore contributo di
quanti hanno già avuto modo di lavorare fino ad oggi ma evidentemente
senza ottenere i risultati sperati».
fonte: www.ilciriaco.it